
Prima di visitare la Repubblica di Venezia, richiamavo alla memoria che il Florentino Amerigo Vespucci, avesse battezzato il mio paese come La Piccola Venezia. Mentre Venezia fu costruita sopra un delta della laguna di Veneta al bordo del mare Adriatico, il Venezuela fu un universo parallelo sopra il lago di Maracaibo al bordo del Mare dei Caraibi–tra capanne indigene, precariamente sostenute da pali conficcati nel fango sul fondo delle acque.
Ma, a differenza delle associazioni da Vespucci tra Venezia e Venezuela, nella mia prospettiva, Venezia era molto romantica ed idealizzata prima di vederla. La conoscevo attraverso le illustrazioni pittoriche, i dipinti unici di Giovanni Canaletto e di Francesco Guardi, le maestose stampe sull’antichità di Giovanni Piranesi e le fantastiche vedute panoramiche del pittore inglese William Turner. Insomma, la conoscevo attraverso le molte apologie poetiche e artistiche, dall’eco di Thomas Mann, Nietzsche, Goethe; come l’eliseo del mare” (Poe); “la regina degli oceani” (Dickens); “la follia prodotto del genio” (Herzen); “metà trappola, metà favola” (Mann); la reverie di una laguna miraggio, una fantasticheria ultraterrena; la città inverosimile di Carlo Goldoni, attraverso gli occhi di sue amanti, chi riflettevano sulla sua permanenza con tanti complementi, nonostante tutta la sfida ambientale del nostro tempo. Precisamente penso che sia nella sua fragilità che Venezia abbia sempre il suo fascino. Venezia è certamente così incomparabile. Vedere la testimonianza delle sue grandi monumenti, le sue canali, e ponti ultracentenari (180 e 400 rispettivamente) con la magia di un grande ingegno e perseveranza, logicamente accedendo ‘dulcis in fundo’ al titolo nobiliare che la città ha meritatamente ricevuto come “La Serenissima.”
Come pittore, il mio grande interesse è stato il ritrovamento molto stretto, di una vista magnificante di quel colorato dolce e soavissimo dipinto ad olio da Antonio Vivarini, Pisanello, Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Jacopo Basano, Tiziano Vecelli, Palma il Vecchio, il Furioso Jacopo Tintoretto, Lorenzo Lotto, Paolo Veronese, e Gianbattista Tiepolo–solo per citarne alcuni. Non esiste gestione simile alla manipolazione del colore degli scuola classica veneziana, agli spettro cromatico agrodolce che caratterizza e approfondisce l’atmosfera coprendo sfarzosamente la forma umana, come nessuna altra scuola è stata in grado di fare. Anche se la sua eleganza e ricchezza sono intangibili; il godimento è anche impareggiabile. Tutto in Venezia parla di un carattere unico, e appassionato sulla sua ascendenza. Come la sua architettura palatina dove si combinano molteplici stili: il bizantino, il musulmano, il gotico, il palladiano–dal famosissimo veneziano Andrea Palladio, poliglotte rinascimentale, traduttore dei canoni dell’antichità greca e romana–fino alla esuberanza del barocco ripresentato da Baldassare Longhena. Tanta roba di parlare in un breve tempo, di una abbondanza di acclamazione, non c’è verso di rendere giustizia a Venezia.
A causa delle limitazioni fisiche di mia madre, eravamo per la prima volta a Venezia per soli tre giorni, una visita che doveva essere leggera. Abbiamo soggiornato presso il bellissimo Hotel Amadeus, a breve distanza dalla stazione ferroviaria di Santa Lucia per procedere dopo sulla via a Roma. La sua splendida posizione nel centro di Venezia rende questo hotel unico, vicino al Canal Grande, e al minuto, si può attendere a piedi dalle più importanti attrazioni: come il Ghetto Ebraico, il Casinò di Venezia, il Ponte di Rialto e la Piazza San Marco. Era il periodo autunnale in cui aveva meno turisti, ma molti giovani godevano ancora della vita all’aria aperta, nelle sue ponti o socializzando nelle piazze spaziose. In una occasione abbiamo avuto un pranzetto presso il super elegante Caffè Florian, il quale è stato aperto dal XVIII secolo nella Piazza San Marco. In questo posto siamo stati accompagnati dal bel suono di un’orchestra sinfonica all’aperto. Era stato anche il pranzo più costoso che abbiamo mai avuto nella nostra vita, ma ne valeva la pena, un vero ricordo indimenticabile. Dopo abbiamo passeggiato per le strade ed i vicoli labirintici ad ammirare gli spazi intimi e le facciate lussureggianti. Poi abbiamo anche avuto il tempo di passare dal vaporetto alla Biennale di Venezia: La 48 ° Esposizione Internazionale d’Arte ai Giardini di Castello nella parte orientale della città, che ospita fino a 88 padiglioni, tra cui il Padiglione del Venezuela.
Alla fine, in transito da Roma al Venezuela, mentre aspettavamo il volo di mia madre, mi ha chiesto di avvicinarla davanti a un muro di specchi e lei ha detto: in questo modo ci ricorderemo sempre l’un l’altro.
Ricardo Morin 04/14/14